SOLO BLUES — IL CITTADINO / MAGGIO 2014
“Ho avuto due amori nella vita. Il blues e Bella”. Comincia con queste parole le
rievocazione a ritroso di Jazzbo, un vecchio curvo che si fa strada sul palco con
passo traballante. Ed è su questi due assi portanti –amore e musica – che si
sviluppa Solo Blues, lo spettacolo di Teatro Periferico andato in scena al bar Bisc di
Lentate sul Seveso e dedicato al mondo, alle suggestioni, agli struggimenti del
genere americano più amato di inizio Novecento. Siamo a teatro e per magia la
storia può ripartire dall’inizio: ed ecco che il protagonista è diventato di nuovo un
giovane e timidissimo fattorino sbarbato, pronto ad incontrare la donna della sua
vita, una prostituta che ha già molto amato e sofferto ma che si fa convincere a
ricominciare da capo. A dettare i ritmi e a creare le atmosfere è un ottimo duo blues
(Sara Cappelletti e Francesco Vanelli), le cui note accompagnano i due personaggi
in tutte le fasi della loro tormentata storia: i balli e gli entusiasmi dell’inizio,
l’alcolismo e i fallimenti, il blues che prende e non dà nulla in cambio, la violenza, le
gelosie, persino un’inaspettata conversione religiosa. I due interpreti e ideatori del
progetto, Paola Manfredi e Dario Villa, sono abili a cambiare rapidamente registro:
gli imbarazzati e goffi avvicinamenti dell’inizio sono raccontati con un linguaggio
leggero e ironico, quasi da fumetto; le crisi e i litigi sono di un’intensità dolorosa e
un po’ melò; la vecchiaia a cui i due amanti approdano insieme è invece di rarefatta
tranquillità (Jazzbo si trasforma, inaspettatamente, da cantante blues fallito a
reverendo ispirato). I personaggi sono resi a tutto tondo, la storia – pur con i voluti
stereotipi di genere – appare coerente e ben sviluppata, la vicenda segue la
parabola universale di ogni storia d’amore tormentata e travolgente. Stupisce allora
scoprire che si tratta di un collage ottenuto esclusivamente dai testi delle canzoni
blues, con un gioco non troppo dissimile da quello visto e applaudito in Moulin
Rouge di Baz Luhrmann, dove Nicole Kidman e Ewan Mc Gregor dialogano sul
tetto a suon di repertorio musicale.
L’operazione di Teatro Periferico appare dunque doppiamente significativa: i
vocaboli e i versi più celebri del repertorio diventano a tutti gli effetti drammaturgia,
acquisendo nuovo spessore, mentre il testo si nutre di una materia evocativa e
ricca di risonanze anche per lo spettatore digiuno di blues. Le fonti spaziano da
Bessie Smith a Robert Johnson, da Rev. Ribbins fino a Jim Morrison, per ricordarci
quanto sia stata ampia e pervasiva l’influenza del blues; e persino il celeberrimo e
abusato refrain “nobody knows the troubles I’ve seen” pare in questo contesto
tornare ad emozionare. E mentre tintinnano i bicchieri del bar Bisc in piena attività,
e un indistinto vociare di sottofondo fa pensare ai polverosi locali americani delle
origini, il pubblico viene pian piano assorbito dalla straordinaria voce di Sara
Cappelletti e dall’ottimo lavoro dei due attori. A dimostrazione dell’immutato potere
del blues. E del teatro.

