NARCISO — STRATAGEMMI / 14.7.2022

NARCISO
di Chiara Carbone

Nel bosco che si estende intorno a Cassano Valcuvia, sede di Teatro Periferico, ci si sente trasportati in un’atmosfera totalmente estranea alla dimensione cittadina, nonostante la vicinanza del centro abitato. Nel mese di giugno, nell’ambito del progetto En Plein Air, la compagnia ha accompagnato il pubblico alla scoperta di questo territorio, tramite escursioni, passeggiate all’aria aperta, pic-nic fra gli alberi e una performance itinerante.
Narciso, scritto da Dario Villa, è infatti una creazione itinerante in cui lo spettatore è guidato da alcune voci – di Elisa Canfora e dello stesso Villa – trasmesse in cuffia, che lo isolano dal resto del gruppo e rendono l’esperienza intima e intensa al tempo stesso; una modalità di fruizione, questa, scelta durante la pandemia quando non vi era la possibilità di realizzare eventi al chiuso.
Per iniziare occorre aspettare i tempi della natura: «È giunta la sera, che invita al silenzio» recita l’incipit della performance, ed è solo allora che si può iniziare a camminare. Quello che avviene è un viaggio attraverso l’oscurità del bosco e attraverso il mito per ripercorrere la storia di Narciso, precipitato in un lago per aver cercato di afferrare la propria immagine e per questa ragione tramutato poi in fiore. La drammaturgia, interamente registrata, è un tessuto di citazioni e suggestioni provenienti da Ovidio, Dante, Rilke, San Paolo, Pasolini. Nel buio sonoro in cui si è immersi si accendono, lungo il percorso, immagini fulgide che sembrano emanate dalle parole che risuonano nelle cuffie. Sono comparse mute vestite di bianco, labili come spiriti: una fanciulla che si contempla in uno specchio, la ninfa Eco in lontananza nascosta dalle frasche, un uomo dalle cui mani sembrano sprizzare schegge di luce riflesse dagli alberi circostanti, un ragazzo perso nella contemplazione del proprio riflesso.
Come anime del viaggio dantesco, il cui incipit è interpolato all’interno della narrazione, le figure si imprimono con potenza nella mente dello spettatore. Il testo delle Metamorfosi porta avanti la nota vicenda e si intreccia in modo fluido a divagazioni moderne e riflessioni attuali che seguono il ritmo dei passi e delle soste durante la camminata. «L’immagine è la frattura della contemporaneità. Rileggendo il mito di Narciso da adulto, capisci che lui muore non perché ami la sua immagine, ma perché preferisce la sua immagine a se stesso. Cos’è questo riflesso per te? Sei tu. Ti accetti come sei?»: sussurrano le voci-guida mentre i partecipanti passano, uno a uno, attraverso due specchi che ne moltiplicano i volti, facendo riecheggiare il mito antico nel presente.
Nell’atmosfera fuori dal tempo della foresta, il lavoro di Teatro Periferico vuole infatti trasformare ogni partecipante in un Narciso incapace di staccare lo sguardo dal luccichio ammaliante della propria figura. Lo specchio è scelto come emblema dell’intera performance, simbolo della tragedia raccontata ma anche richiamo a vivere la passeggiata notturna come riflessione ed esperienza interiore. Perfino le musiche di accompagnamento vi fanno riferimento, con il brano Spiegel im Spiegel (“specchio nello specchio”), tratto dal repertorio di Arvo Pärt.
La fine del percorso conduce all’interno di alcuni tratti di galleria della Linea Cadorna, dove la storia volge al termine. I versi di Vicina agli occhi di Pasolini, saturi di luminosa nostalgia, sovrappongono il defunto fratello del poeta al protagonista del mito mentre una donna si pettina in silenzio davanti allo sguardo degli spettatori e li precede fuori dalla grotta, «a riveder le stelle». Qui il pubblico è messo nuovamente faccia a faccia con uno specchio che sembra volerlo trattenere, come sa fare il teatro, nella sua trappola estetica di rimandi autoreferenziali. Senza fermarsi, tutti lo oltrepassano e continuano a camminare: l’incantesimo è spezzato e lo spettacolo si conclude.