COMBATTENTI — HYSTRIO / APRILE-GIUGNO 2016
Schivare i colpi, se possibile, e quando si viene messi a terra, rialzarsi a ogni costo:
ecco il segreto per essere dei vincenti sul ring e nella vita.
Spinto da questa convinzione un uomo di mezza età (Giorgio Branca), pubblicitario
perplesso e dubitante, si avvicina a una disorganizzata palestra di pugilato.
L’incontro/scontro con la direttrice, una ex campionessa poco incline alle
mediazioni (Lilli Valcepina), cambierà sensibilmente la vita di entrambi.
Il drammaturgo Renato Gabrielli si accosta al mondo del pugilato stornando
stereotipi e mitologie, raccontando le goffaggini dell’uomo più che le sue gesta
sportive: le debolezze, sul palco ma non solo, possono essere più interessanti dei
trionfi.
Il risultato è un testo ironico e ricco di grazia, lontano dall’immaginario eroico di
Million Dollar Baby e più vicino a certa buona commedia americana.
I rapidi dialoghi si inscrivono a pieno titolo nella società della comunicazione
virtuale (nella vicenda hanno un ruolo chiave i social network e le visualizzazioni
virali di you-tube), ma il lessico riesce a non lasciarsene fagocitare.
Paola Manfredi, dalla sua, costruisce la regia come un preciso meccanismo di ritmi,
intenzioni e volumi, dove nulla è lasciato al caso e la naturalezza è solo apparente:
sul ring della scena i due combattenti si sfidano colpo su colpo, misurando la
reciproca resilienza agli urti.
Come accade davanti alle storie ben raccontate si sorride e si riflette su quanto
contraddittorio e buffo sappia dimostrarsi l’essere umano, su quale meravigliosa
sfida sia adattarsi e cambiare, su quanto possa essere utile, talvolta, una sconfitta.
Ma Combattenti tesse anche un sottile gioco di rimandi, nascosti l’uno nell’altro
come scatole cinesi: dentro i meccanismi dello sport possiamo intravedere quelli
affini del teatro e, dentro entrambi, quelli misteriosi della vita.

