CASE MATTE — PAC / 7.10.2015
Quella fila di sedie e il pubblico che entra nella luce fioca. Al buio le voci dei
dimenticati fanno più effetto. Al buio diventano lo spiffero dei ricordi. Al buio le voci
dei dimenticati, le “anime alla deriva” che urlano da dietro le porte della villa dei
matti, diventano soffocanti e fanno venir voglia di scappare via.
Al buio Paola Manfredi, regista di Mombello, Voci da dentro il manicomio, lascia per
alcuni minuti gli spettatori del suo lavoro corale, costruito sul testo redatto da
Loredana Troschel intorno al tema del manicomio, in quella che è stata e per certi
versi ancora è una ferita del sistema di assistenza e solidarietà del tessuto civile e
sociale italiano, specie dopo la chiusura dei manicomi a fine anni Settanta, con la
legge Basaglia.
Mombello. Voci da dentro il manicomio è il primo progetto teatrale sulla “villa dei
matti”: così era definita nella zona Villa Pusterla, il manicomio di Mombello (frazione
di Limbiate), uno dei più grandi ospedali psichiatrici italiani e uno dei maggiori in
Europa.
Il 5 Settembre 2015 da Villa Pusterla (Brianza), ha avuto inizio Casematte, il tour
teatrale che sta portando Teatro Periferico ad attraversare l’Italia passando non di
piazza in piazza o di monumento in monumento, ma dentro le più grandi e
conosciute strutture ex-manicomiali italiane, per riaccendere la memoria, dialogare
con comunità spesso segnate, se non lacerate, dalla presenza di complessi socio-
sanitari di cui le città ospiti tante volte hanno provato a rimuovere il ricordo
lasciandole a volte in stato di miserevole abbandono, oltre il pregio architettonico
che queste strutture spesso ottocentesche avevano: Genova, Reggio Emilia,
L’Aquila, Roma, Volterra e Firenze, e a breve tappa ad Aversa. L’obiettivo profondo,
sociale, a Mombello come in tutti le città toccate, è riconsegnare questi spazi a
forme di uso partecipato.
In Campania lo spettacolo sarà in scena dal 9 all’11 Ottobre a “La Maddalena”
(nome con il quale più comunemente si fa riferimento al Complesso di circa 20
ettari, il 2% de territorio comunale).
Il manicomio di Aversa, fondato nel 1813, fu il primo d’Italia, a lungo l’unico nel Sud.
Oggi quasi completamente distrutto e saccheggiato, accoglie strutture di resistenza
attiva, cooperative e centri sociali. Si ricorderà il murales di Pignataro del 96.
Andiamo dunque allo spettacolo, prodotto da Teatro Periferico in collaborazione con
delleAli, e proposto al pubblico nei lunghi corridoi degli ex manicomi. Notevoli gli
interpreti, che sono Giorgio Branca, Elisa Canfora, Antonello Cassinotti, Alessandro
Luraghi, Laura Montanari, Raffaella Natali, Loredana Troschel, Lilli Valcepina, Dario
Villa. La loro è una coralità talmente profonda nella monadica rappresentazione del
luogo mentale che riescono ad evocare che parlare delle singole interpretazioni
sarebbe lungo. Perché ognuna è capace di toccare una corda. E ciascuno di loro
arriva dove deve con il bisturi nella carne viva dello spettatore.
Il pubblico lungo una parete. Sul lato opposto del corridoio le porte delle stanze, la
guardia infermieristica, nella scena pensata da Salvatore Manzella. Porte che quasi
mai si aprono completamente, che più frequentemente si chiudono in un buio
senza tempo, dentro cui affogano esistenze e storie, sensibilità e cedimenti,
fotografie sfuocate, ritagli di giornale di eroi di un fuori che sembra un sogno, una tv
accesa a fare da colonna sonora di un tempo interminabile che il pubblico pare
sentire addosso, scandito da gesti ripetuti, ossessioni, manie. Fioche le luci
disegnate da Andrea Violato, che variano fra il buio e il gelido medicale, con
qualche riverbero dall’oltremondo delle fessure sotto le porte delle stanze dei
“matti”.
E i “normali” a bruciare anche loro un’esistenza trascorsa ad addormentare con i
farmaci, con pochi sussulti per bloccare spasmi di incontrollabile forza di vivere,
sedati dalla chimica ma senza possibilità di guarigione.
Dopo una intensa raccolta di testimonianze fra il personale impiegato, i familiari dei
malati, i malati stessi, anche alcuni cittadini, Paola Manfredi e il gruppo di lavoro
hanno ricostruito un quadro preciso delle vite di molti degli ospiti di Mombello,
arrivando a ricreare una sorta di assoluto emotivo, il canone ripetuto di vite fatte di
solitudine, costrizioni spesso violente (camicie di forza, legature al letto, finanche
sperimentazioni farmaceutiche non autorizzate), ma anche del lento scorrere della
vita, raggi, sguardi, presenze vigili e a volte di rara umanità.
Il progetto Casematte è degno di menzione sia per valore assoluto rispetto all’esito
artistico che per l’intento sociale, una sfida affrontata dalla compagnia in modo
commovente, con un camper in giro per l’Italia, con quel coraggio così raro da
trovare, di dedizione totale all’arte. Inspiegabili le scelte dei circuiti di sostegno
regionali, che hanno privato quest’anno la compagnia del sostegno economico di
cui le sue meritorie iniziative godevano, seppur in forma parziale. O forse
spiegabilissime, in una regione che toglie i finanziamenti alle strutture che ospitano
rifugiati.
Ma la Manfredi, Villa e tutte le altre donne e uomini di Teatro Periferico hanno
saputo andare oltre questa assurda miopia, per rilanciare un progetto che
segnaliamo a tutti, lettori, amici, appassionati, come una delle esperienze umane
legate al teatro e alle arti sceniche più coinvolgenti di questi anni, ma anche e
soprattutto del presente e del futuro di chi guarda alla scena non come la paludata
narcisistica dimensione creativa di qualche artistino di un’umanità da poco, ma
come qualcosa che abbia dentro davvero la potenza di cambiare le cose e
dialogare col suo tempo fatto della ricchezza umana dell’esperienza del rapporto
diretto, dal vivo con chi, interagendo, la fruisce, l’unica cosa che profondamente
distingue questa forma d’arte da ogni altra.

