BOCCAPERTA — PAC / 23.2.2016
Quello di James Stewart era un grande coniglio bianco. Si chiamava Harvey. Come
ogni amico immaginario che si rispetti, nessuno lo vedeva tranne Stewart, il signor
Dowd, in un bel film di Henry Koster del 1950.
Nello spettacolo Boccaperta di Teatro Periferico il ragazzino protagonista parla e
si confida invece con “il signore del muro”, perché da lì l’amico esce e lì rientra.
Non sappiamo il suo nome, non lo sentiamo parlare, ma sappiamo che porta i blue
jeans, quelli che il ragazzo tanto invidia perché ancora gli sono vietati, i genitori lo
vogliono cocciutamente in pantaloncini corti.
Il testo di Tommaso Urselli è ambientato in Puglia, in anni identificabili tra i ’60 e i
’70, e sentiamo l’aria pesante di una famiglia e di una comunità chiuse e del tutto
impreparate ad affrontare la crescita – anche sessuale – di un adolescente.
Maschio per di più.
La scrittura è viva, ironica, sfaccettata, ma nella trasposizione teatrale alcune scene
gioverebbero di qualche taglio, a favore del ritmo.
In scena Dario Villa, bravo anche nel parlare un buffo pugliese, è solo ad
interpretare il bambino confuso, la madre tanto timorata, il padre autoritario, la
sorella con qualche grillo televisivo per la testa, i perfidi compagni di scuola, il
barbiere del paese, il parroco con l’alito di cipolla…
Boccaperta è uno dei poco affettuosi soprannomi dati al ragazzo per un banale
errore sul nome di un fiore in un tema sulla pianta preferita. E ancora un tema sarà
fonte di guai per Boccaperta: “parla della tua famiglia”. E il ragazzino parla della
sorella maggiore, del suo desiderio di fare la televisione ma – ahilui! – scrive anche
che la spia dal buco della serratura mentre lei sta a lungo in bagno, nuda davanti
allo specchio. Così la mamma timorata andrà, con un poco d’ansia, al colloquio col
professore non sapendo come spiegare una tale intemperanza.
A Dario Villa basta un fazzoletto in testa per trasformarsi in questa donna buona e
ingenua: un attore sensibile riesce a catturare un carattere con pochi segni, perché
le diverse anime le ha dentro di sé.
Così come la tenera obbedienza di un bambino che sta crescendo, la cui cieca
fiducia nelle parole di chi è più grande di lui comincia a vacillare di fronte alle
possibili fidanzatine e ai compagni bocciati e sempre straordinariamente più svegli.
A lato della scena, il signore del muro (che ricorda un fantoccio Kantoriano),
osserva silente il teatrino di famiglia, che comincia e finirà in una cassa di legno,
contenitore/casa di parenti e giochi. Una seggiolina a misura di asilo amplifica il
sentimento fuori scala di Boccaperta, inadeguato nelle sue braghette corte.
La signora gli mette ancora la lacca Cadonett sui capelli, con tanto di retìna, prima
di andare a letto. Massì, per tenere l’acconciatura in ordine, a mamma sua.
Lo spettacolo scorre srotolando una galérie familiale popolare, in una provincia del
sud dove la paura si nasconde e dove si diventa grandi passando
dall’enciclopedia Vita meravigliosa ai giornaletti porno come Zora, Il camionista,
Jacula… Chi non è passato dal ridicolo disonore di farseli trovare nascosti tra i
libri?
Abbiamo visto questo spettacolo nello sperduto paese di Cassano Valcuvia, in
provincia di Varese, dove la residenza teatrale Teatro Periferico, che ha
recentemente vinto il Premio Rete Critica per il progetto Case matte, riempie un
teatrino periferico, appunto, con un paziente lavoro sul territorio che ha
saputo creare un pubblico attento e curioso.
La regia di Paola Manfredi è precisa, fa muovere l’interprete con gesti attenti e sa
far emergere l’agilità di Dario Villa nel vestire panni molto diversi con uguale
amorevolezza recitativa, qualità particolarmente riuscita nei personaggi di
Boccaperta stesso e della madre.
La capacità sicura dell’attore, a nostro parere, brilla più lucida quando più è lasciata
libera, per questo non siamo convinti che le brevi incursioni nel teatro di figura, che
arrivano un po’ improvvise e non risultano naturali, siano funzionali e coerenti con
lo stile complessivo.
Anche Boccaperta sarà libero, libero di crescere, indosserà i blue jeans quando il
signore del muro scomparirà, insieme alla sua infanzia.
Ma dove si è cacciato Harvey?!

