Abdoulaye e Mamadou non sono morti
Tratto da In Inferna, di Abdoulaye Ba
Regia Paola Manfredi
Drammaturgia Dario Villa
Con Abdoulaye Ba, Siaka Conde, Bintou Ouattara, Dario Villa
E con Camilla Barbarito (canto)
Scene Salvatore Manzella
Abdoulaye e Mamadou non sono morti comincia dal momento in cui Abdoulaye,
giovane senegalese in fuga da Dakar in cerca di un futuro migliore in Europa, si
trova su un gommone alla deriva nel Mar Mediterraneo. Per la febbre, Abdoulaye si
crede in compagnia dello spirito di suo padre, morto quando lui aveva solo 13 anni;
pensa che sia lui ad accudirlo, mentre è il suo amico Mamadou. Ma
sull'imbarcazione non ci sono soltanto Mamadou e Abdoulaye…
Lo spettacolo è tratto dal libro autobiografico di Abdoulaye Ba, In Inferna, del quale
Oliviero Ponte di Pino ha scritto:
“In Inferna […] offre una testimonianza viva, nella carne e nell’anima, del viaggio,
della paura e della speranza che hanno percorso milioni di persone, scacciate da
una casa che non volevano abbandonare e che hanno portato la loro nostalgia
verso luoghi sconosciuti, abitati da persone sconosciute e diverse […] per onorare
la memoria di chi non ce l’ha fatta e riposa “accanto alla strada” o nel fondo del
mare.
È un racconto necessario perché è fatto di parole che escono dalla carne viva:
paura, dolore, violenza, solitudine, morte... E perché, a partire da questa
esperienza, da quel buio reale e metaforico, ritrova il senso vero e profondo di altre
parole: speranza, dignità, amicizia, solidarietà.
È un racconto che forse un giorno rivedrò anche su un palcoscenico, quando
Abdoulaye avrà il coraggio e la necessità di raccontarcelo per parlarci della morte,
della libertà, della dignità.” (dalla Prefazione)
Abdoulaye e Mamadou non sono morti ha avuto una menzione speciale da parte
del bando Blitz - Costruzioni fantastiche di Palermo, per “il lato intimo della
narrazione e il ricorso ai topoi della cultura subsahariana come il riferimento agli
antenati, la relazione con la memoria e la morte affrontata come presenza tangibile,
che diventa personaggio parte del racconto. La costruzione fantastica si esprime
nel delirio, tema che sappiamo essere stigmatizzato dalla cultura di provenienza
dell’autore.”
Un racconto che si fa performance, facendo della parola significante per immagini
che rimangono impresse […] Lo spettacolo invita a non dimenticarsi di come, dietro
ad ogni volto e ogni corpo, ci sia un nome, una storia.
(Marco Zonca, Bergamo News, 06/06/2025)

